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L’ESORDIO Un giovane paziente di 45 anni, si rivolge al suo medico per una - PowerPoint Presentation

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L’ESORDIO Un giovane paziente di 45 anni, si rivolge al suo medico per una - PPT Presentation

grave dispnea insorgente anche dopo sforzi lievi Una radiografia del torace mette in evidenza la presenza di una fitta nodulia ad elementi minuti come grano di miglio estesa ad entrambi i campi polmonari ID: 658230

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Presentation Transcript

Slide1

L’ESORDIO

Un giovane paziente di 45 anni, si rivolge al suo medico per una

grave dispnea insorgente

anche dopo sforzi lievi. Una radiografia del torace mette in evidenza

la presenza di

una fitta

nodulia

ad elementi minuti come grano di

miglio, estesa ad entrambi i campi polmonari.

Non è presente febbre, non vengono riferiti altri sintomi soggettivi. La dispnea da sforzo diviene in pochi giorni un'insufficienza respiratoria acuta ed il paziente viene ricoverato.Slide2

L’OBIETTIVITA’

Dopo

poche indagini (broncoscopia), il quadro risulta causato da una carcinosi polmonare infiltrante in modo massivo entrambi i polmoni. Il paziente, al momento del ricovero è profondamente debilitato e non può lasciare il letto, non tanto perché incapace di camminare ma perché

impossibilitato a staccarsi

dal respiratore che gli fornisce ossigeno.

All'obiettività toracica, il suono plessico è conservato, l'espansibilità polmonare leggermente ridotta, il murmure vescicolare conservato con rumori di crepitii sparsi su tutto l'ambito.Slide3

I primi quesiti

La diagnosi è presto fatta. Ma chi

ha il diritto di

decidere tra le due alternative: chemioterapia o

palliazione

?

il medico, il paziente, i familiari? e quali informazioni devono essere date al paziente perché possa prendere la sua decisione? la completezza dell’informazione richiesta per ottenere un consenso veramente informato richiede di rivelare anche l'inefficacia delle terapie e la prognosi infausta

? ed

ancora, come conciliare l'informazione necessaria con l’esigenza di non mettere in crisi la capacità stessa da parte del paziente di decidere

? quale

peso dare al fatto che potendo dar ai parenti informazioni più precise e dettagliate, di quelle ricevute dal paziente, potrebbero avere conoscenze più consistenti per interferire nel processo decisionale del paziente?Slide4

La DECISIONE ed il CONSENSO

La

soluzione adottata nel caso specifico che stiamo

considerando,

è stata quella di lasciare al paziente la decisione, superando le difficoltà della informazione diretta, ricorrendo all’aiuto di un esperto oncologo che lo ha informato – con molta cautela - sia sulla natura del suo male, sia delle possibilità che potevano essere ottenute dalle terapie causali, non trascurando anche la descrizione degli effetti collaterali dei farmaci che sarebbero stati usati. Alla fine del colloquio, presenti i parenti più stretti, il paziente acconsentì ad eseguire

la chemioterapia. Slide5

Il DECORSO 1

Durante i primi cicli terapeutici insorsero importanti effetti collaterali che debilitavano, sia pur temporaneamente per alcuni giorni, il paziente. Tuttavia lo stato generale iniziò a migliorare e il paziente non ebbe più bisogno dell'ossigeno in continuazione. Slide6

L’INIZIATIVA FAMILIARE

Dopo il terzo ciclo, visti i progressi dello stato generale ma anche considerando i disturbi susseguenti alle cure, i familiari e il paziente chiesero che le terapie continuassero ma a dosi ridotte: essi infatti avevano consultato

, di loro iniziativa e ad insaputa del curante,

un altro oncologo che aveva suggerito loro di richiedere al curante un diverso schema terapeutico per cercare di ridurre gli effetti collaterali. Il curante era tuttavia convinto che la riduzione della posologia non fosse opportuna ed era persuaso anche che ciò potesse comportare la perdita dei progressi finora ottenuti.Slide7

Nuovi Quesiti

Il curante deve chiedersi non solo se la richiesta del paziente e dei familiari,

debba

prevalere sulla sua competenza

e

sul suo giudizio: deve ora ampliare le sue considerazioni al di là dei diritti del paziente: deve ritenere giusto, infatti gravare - sia pure di principio - sulla spesa sanitaria per terapie che non sono efficaci né dal punto di vista palliativo, né da quello causale?

Si scontrano qui ben tre principi etico-deontologici: quello dell’autonomia del paziente, quello della giustizia nell’allocazione delle risorse mediche, quello della libertà di scelta delle terapie da parte del medico.

Nel caso in discussione, tra tutti, prevalse nel curante, il principio di autonomia del paziente.Slide8

La COMPLICANZA

Il paziente ricevette le terapie a dosi ridotte, concordate con

l’oncologo da lui consultato. Ma

dopo qualche settimana

iniziò

a lamentare un'ingravescente ed insopportabile cefalea, resistente anche agli antalgici maggiori. Venne eseguita una TAC ed una RMN che misero in evidenza un'invasione meningea da parte del processo neoplastico. In base a questo reperto,

l’oncologo curante

propose una chemioterapia intrarachidea.Slide9

Continuare o desistere?

Ovviamente sia il curante che l’oncologo si resero conto che il decorso era ormai inarrestabile e che la terapia proposta avrebbe avuto assai poche speranze di apportare significativi progressi. Ci si chiese se

attuare la

terapia,

in

questa fase, non

costituisse

un comportamento definibile come accanimento terapeutico. Ancora

una volta la

decisione venne rimessa al paziente.Slide10

Continuare

Il paziente venne informato della necessità di una terapia più estesa poiché la malattia si era diffusa ad altri organi ed accettò la terapia intrarachidea proposta. Al di là delle aspettative del curante, la terapia determinò un graduale miglioramento sintomatico, fino alla scomparsa della cefalea.Slide11

LENTA PROGRESSIONE

Ciononostante il paziente iniziò a presentare disturbi del comportamento: divenne sempre più indifferente ed estraneo al mondo esterno. Tendeva ad essere assopito anche di giorno. Se interrogato sul suo stato di salute, rispondeva di sentirsi benino. Negava episodi di vomito, anche se questi in realtà erano presenti. Non si lamentava di disturbi, e respirava bene senza respiratore. Era tuttavia fortemente deperito per ipoalimentazione e per il progredire della malattia. Nonostante le terapie, gli esami clinici dimostravano un sempre maggiore interessamento tumorale della corteccia cerebrale. Slide12

EPILOGO

V

ista

l’assenza di sofferenze

soggettive

ed essendo

ormai

terminato il ciclo di terapia intrarachidea,

il paziente venne, con il consenso dei familiari, avviato

a domicilio. Ma qualche giorni dopo, i

familiari stessi

lo ricoverarono con la richiesta che si facessero altre cure.Slide13

Qualche considerazione

Anche

quest’ultima fase della malattia aveva posto nuovi e non meno gravi problemi

.

 

E’ chiaro che il paziente non si rendeva più conto di molti aspetti relativi alla sua malattia. Il problema se fosse ancora in grado di decidere si poneva con sempre maggiore evidenza. Come si decide se il paziente

non è

in grado di decidere?

Se il paziente non fosse più

in

grado di decidere, chi subentra in questo compito?

Ed ancora: vi è un diritto da parte dei parenti di pretendere ulteriori cure

?Slide14

Fermarsi o

«fare il possibile»?

Sono

giustificate ulteriori terapie considerata l'assenza di sofferenze soggettive denunciate dal paziente? O non configurerebbero esse invece il cosiddetto accanimento terapeutico?

E nel caso di una complicanza acuta, ad esempio una broncopolmonite, sarebbe giustificata una terapia per prolungare una sopravvivenza che allo stato presente, é molto vicina ad una vita vegetativa?

Sono giustificati ulteriori accertamenti diagnostici sul decorso della malattia - accertamenti che come la RMN incidono pesantemente sulla spesa sanitaria pubblica?Slide15

Primo Caso

Donna di 75 anni, diabetica. Presenta gangrena all’arto inferiore sinistro interessante quasi tutto il piede, esito di un’ostruzione arteriosa cronica. Il chirurgo vascolare e il diabetologo ritengono indispensabile l’amputazione del piede. La paziente rifiuta l’intervento che non viene quindi eseguito per rispetto della scelta della paziente. Si sviluppa una sepsi e la p. decede dopo due settimane.Slide16

Secondo Caso

Un uomo di 45 anni subisce un incidente automobilistico riportando un grave

politraumatismo

. Giunge in Pronto Soccorso in stato di incoscienza e di grave shock.

Nel suo portafoglio viene reperita una documentazione che attesta la sua appartenenza alla religione dei Testimoni di Geova. Il medico quindi non esegue trasfusioni di sangue. Il paziente sopravvive ma rimane portatore di un danno cerebrale permanente irreversibileSlide17

Terzo Caso

Caso analogo al precedente a carico di un ragazzo di 12 anni. Al Pronto Soccorso è incosciente ma è accompagnato dal padre il quale, essendo Testimone di Geova , chiede che al figlio non vengano effettuate trasfusioni di sangue. Il ragazzo non supera lo shock e muore.Slide18

Quarto Caso

Uomo di 78 anni, malato di cirrosi etilica scompensata. Chiede di essere sottoposto a trapianto di fegato. Il paziente non viene ammesso alle liste di attesa, in considerazione della sua età. Il paziente si rivolge alla magistratura, lamentando la inosservanza da parte della struttura sanitaria del principio di eguaglianza al diritto di cura e al principio di autonomia del paziente nella scelta delle cure (come si può evincere dagli altri tre casi): in definitiva accusando i sanitari di omissione di soccorso.Slide19

Vi viene chiesto di scrivere un articolo giornalistico di commento delle problematiche sollevate da questi casi (in particolare dell’ultimo)

Quale tra questi titoli vi sembra più adatto?

Il paziente decide, il medico esegue

A chi spetta la decisione terapeutica: al medico o al paziente?

L’autonomia del paziente prevale sulla competenza del medico

L’autonomia del paziente può prevalere sulla competenza del medico?

Le richieste dei malati vanno sempre rispettate

………………… (altro: specificare)

Compilare una scaletta degli argomenti da inserire nell’articolo