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P4C Pratica filosofica di comunità - PPT Presentation

Corso di Formazione lIS Lombardo Radice Roma Roma novembre 2016 gennaio 2017 Philosophy for childrencommunity Per un pensiero riflessivo La matrice teorica che ha ispirato Matthew Lipman nellelaborazione del ID: 812893

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Presentation Transcript

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P4C Pratica filosofica di comunità Corso di Formazione l’I.S. “Lombardo Radice” (Roma). Roma, novembre 2016 – gennaio 2017

Philosophy for children/community

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Per un pensiero riflessivoLa matrice teorica che ha ispirato Matthew Lipman nell’elaborazione del curricolo della P4C

è fortemente imperniata nel pensiero di John

Dewey

, in particolare nella considerazione della

logica

come strumento per la costruzione di una

società democratica

e del

pensiero come indagine

problematizzante sull’esperienza.

Passaggio tra pensiero ordinario e

pensiero riflessivo

, ovvero un pensiero consapevole delle sue cause e delle sue conseguenze, che rende possibile scegliere e agire tra più alternative.

Vi è un forte riferimento alla categoria di

ricerca

così come elaborata da Charles Sanders

Peirce

.

La ricerca implica per Peirce un

processo sociale

; di conseguenza, la conoscenza si presenta come un prodotto convenzionale e necessariamente sociale, che emerge da problemi determinati da specifiche condizioni storiche e culturali.

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Community of inquiry «Con il termine community of inquiry

,

Peirce si riferisce ad un gruppo ideale di soggetti impegnati nello sviluppo di un metodo di ricerca scientifica

autocorrettivo

, nel senso che la sua validità e l’oggettività dei suoi prodotti possono essere garantiti non dall’individuo ma dall’

attività e dalla deliberazione dell’intera comunità

. Lipman, invece, sviluppa questo concetto in chiave pedagogica e ne ricava un singolare modello educativo. Partecipare ad una

comunità di ricerca

significa, così, […] attribuire valore regolativo ad una procedura euristica necessariamente auto-correttiva, critica, democratica e razionale, assumendola come orientamento esistenziale e modalità ricostruttiva della nostra esperienza». (M. Striano, Introduzione a

Elfie

, Liguori 1999).

Una Comunità di Ricerca Filosofica non è una tecnica che si acquisisce, uno strumento che si utilizza ma un modello di riferimento che si realizza attraverso un esercizio direzionato ma non diretto da un “facilitatore” che agisce da maieuta di un dialogo di ricerca.

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Pensiero e linguaggioUn’attività di questo tipo può consentire all’intero gruppo-classe di intraprendere un percorso di crescita e consapevolezza che ha come obiettivo un

apprendimento attivo e condiviso

attraverso la strutturazione di una vera e propria

comunità di ricerca democraticamente organizzata

.

Per Lipman il contesto educativo deve fare riferimento a

un ambito disciplinare trasversale

, che si identifica con la

filosofia

, considerata l’unica disciplina che assume il pensiero sia come

contenuto

che come

metodo

di ricerca.

La P4C viene presentata da Lipman come una “

esperienza di pensiero attraverso il linguaggio

”, in legame diretto al pensiero di G. H. Mead e di L. S. Vygotskij (zona di sviluppo prossimo) per cui al linguaggio è riconosciuta una funzione formativa ed educativa, sul piano culturale e su quello cognitivo.

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Oltre il solipsismoTramite il linguaggio l’individuo ha la possibilità di assumere il punto di vista dell’altro e di aprirsi verso una prospettiva di indagine che supera il solipsismo

per orientarsi verso il gruppo.

Importanza del

processo

analogico

: il processo della comunità di ricerca fonda sia i processi cognitivi che quelli etici. Nell’importanza rivolta alla categoria dell’

analogia

, in particolare nei suoi risvolti etici, emergono le influenze meadiane: la capacità di

assumere il punto di vista dell’altro

(«altro generalizzato») è considerata da Mead uno degli elementi costitutivi dell’individuo nel suo essere sociale.

La pratica analogica, inoltre, è un’abilità che, sottolinea Lipman “contraddistingue tanto le arti quanto le scienze. É la più generica delle abilità creative e la più immaginativa delle abilità analitiche”.

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Per un habitus democraticoL’ispirazione del curricolo consente ai partecipanti alla Comunità di Ricerca Filosofica di acquisire un habitus

democratico, diventando essi stessi produttori e garanti delle regole che vengono man mano interiorizzate e divengono patrimonio dell’intero gruppo. Tra le funzioni cruciali del

facilitatore

(

Teacher

) vi è infatti quella di porre le basi per l’autodisciplina del gruppo: nella maturazione della comunità, infatti, ogni membro può idealmente diventare facilitatore.

La posizione del facilitatore è paritetica: la sua funzione non è infatti quella di trasmettere contenuti, quanto di sollecitare il dialogo sostenendo l’emergere di contenuti condivisi all’interno del gruppo. Anche alcuni dei passaggi fondamentali del curricolo (per esempio la lettura in cerchio e a voce alta) rispettano lo spirito democratico dell’attività: la lettura circolare sviluppa l’abitudine all’ascolto e la capacità di rispettare la parola e il turno dell’altro; il momento dell’autovalutazione, inoltre, situandosi nella prospettiva di autocorrezione che ispira il curricolo, acquista particolare rilevanza per la crescita degli individui e del gruppo.

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Logica delle buone ragioniIl dialogo con l’altro, la condivisione ragionata delle regole, lo sviluppo in generale del cosiddetto pensiero caring-valoriale

, non attraverso l’insegnamento diretto di valori etici e civici ma con la riflessione che viene promossa attraverso le sessioni di P4C, consentono di stimolare la ricerca di soluzioni attraverso l’esercizio sistematico e consapevole del pensiero anche attraverso la

logica informale delle “buone ragioni”

che mette in crisi posizioni dogmatiche e autoritarie.

Gli adulti e i bambini/ragazzi coinvolti nelle CdRF vivono l’educazione come “interscambio di idee”, dialogo a cui ciascuno dà il proprio contributo purché ben motivato.

Esplicitazione dei criteri di riferimento per i giudizi.

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Habitus del ricercatoreNella P4C i contenuti filosofici che provengono dalla tradizione non sono assunti come nozioni da apprendere, ma come fonti di problematizzazione; gli autori non sono interrogati per le risposte che hanno fornito, bensì indirettamente utilizzati come esempi del domandare filosofico.

I contenuti e la loro presunta verità o falsità non sono più centrali ma lo divengono l’impegno e l’

habitus

della ricerca, dell’

inquiry

, l’indagine,

come “pratica auto-critica… sociale o comunitaria (pubblica) per natura, dato che poggia sul fondamento del linguaggio, di operazioni scientifiche, di sistemi simbolici, o misurazioni, e così via”.

Non sono i contenuti che tengono insieme la “comunità di ricerca”, ma la “

pratica

condivisa, ossia la coabitazione attiva di uno spazio di socialità e la condivisione di un ricco ‘capitale sociale’. Sul piano dell’apprendimento, questo vuol dire che non si imparano delle abilità isolate e poi si esercitano nei contesti della socializzazione, ma che i processi di socializzazione sono il terreno di coltura delle abilità e precedono l’apprendimento delle abilità”.

M. Lipman, Educare al pensiero, Armando, Roma 2005

 

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Dialogo come forma di ricerca La “comunità di ricerca filosofica” non è il frutto di un’interazione spontanea - il dialogo che la caratterizza è di qualità diversa dalla conversazione (la “chiacchiera”) che si ha in un gruppo generico - ma rappresenta il possibile effetto di un processo esperienziale orientato e guidato.

“Nessun gruppo di persone, adulti o bambini che siano, si impegna spontaneamente nel ‘gioco’ della riflessione regolata. La riflessione è un’attività faticosa e antieconomica. Faticosa perché implica la messa in discussione delle proprie convinzioni e delle premesse dei propri discorsi, antieconomica perché richiede di interrompere il flusso dell’azione e ritarda il conseguimento di risultati”.

“Le persone che conversano lo fanno in modo cooperativo, come giocatori di tennis che si lanciano scambievolmente e continuamente la palla. Quelle che dialogano lo fanno in modo collaborativo, come poliziotti impegnati nello stesso caso». (Lipman)

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P4C e competenze di cittadinanza

La P4C, come provano anche recenti ricerche realizzate in Gran Bretagna

http://www.sapere.org.uk/

, si rivela una “

palestra del ragionamento

” che spinge i bambini “ad affinare la logica, utile per migliorare nei procedimenti matematici, ma anche a cercare nuovi spunti nei libri, aumentando le competenze linguistiche e di lettura” (

http://www.corriere.it/scuola/primaria/16_ottobre_24/

), nello stesso tempo, migliorando le capacità relazionali, e in generale, le life skills, competenze di cittadinanza, così come definite dall’ONU:

– Imparare ad imparare

– Acquisire ed interpretare l’informazione

– Individuare collegamenti e relazioni

– Risolvere problemi

– Agire in modo autonomo e responsabile

– Comunicare

– Collaborare e partecipare

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Struttura del curriculoLa P4C è una pratica filosofica che si realizza, con gruppi possibilmente non superiori ai 10 membri per la scuola dell’infanzia e possibilmente non più di 20 per le scuole di grado superiore o per comunità di ricerca costituite da adulti.

L’organizzazione dello spazio

risponde all’istanza di democraticità della discussione:

setting circolare ed equidistante

(analogo al rapporto paritetico tra i membri della comunità di ricerca), confortevole e informale.

La presenza di una lavagna consente al facilitatore di tenere traccia della discussione e, soprattutto nelle prime fasi di sviluppo di una comunità, di accompagnare con la scrittura, e quindi di rendere visibili ai partecipanti, le domande (stesura dell’

agenda

) da cui si evince il tema o la questione che dà inizio al

piano di discussione

.

Le sessioni di P4C iniziano con

la lettura di un testo/stimolo

tratto dal curricolo costituito da 9 testi scritti da M. Lipman e dalla sua collaboratrice Ann Margaret Sharp, dai quali estrapolare dei brani che servano da stimolo per la discussione.

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I racconti Ogni racconto è pensato per una specifica fascia di età ed è corredato da un manuale per l’insegnante/facilitatore, in cui sono indicati i temi e le idee guida che caratterizzano i singoli brani, nonché esercizi utilizzabili come stimolo alla discussione.

Sia i racconti che i manuali sono pubblicati nella traduzione italiana da Liguori Editore (

www.liguori.it

)

L’ospedale delle bambole:

per bambini della scuola dell’infanzia (dai 4 anni).

Elfie

è pensato per i primi due anni delle scuole elementari.

Kio & Gus

, racconto per il II e III anno della scuola elementare, verte intorno al rapporto tra esseri umani e ambiente. Il domandare è uno degli elementi predominanti.

Pixie

, per la IV e V elementare, è una bambina loquace che rappresenta il flusso inarrestabile dell’oralità. Ma nel racconto emerge anche il suo contrario: Bruno, un suo compagno, è il silenzio.

Il prisma dei perché

è rivolto alla scuola media; dal racconto cui emerge l’indagine sul pensiero: ogni personaggio ne incarna una modalità (pensiero riflessivo, scientifico, creativo, conformista, ecc.)

Mark, Lisa, Suki

(quest’ultimo, con

Nous

, ancora in fase di traduzione) sono i racconti per le scuole superiori, nei quali emergono temi relativi ai rapporti sociali.

Altri racconti ispirati al curriculo:

Piccolo ma coraggioso

(B. Heesen) -

Il re della foresta

(Stefania Nardone) -

Il risentimento della mula

(AA.VV.)

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I contenutiNell’intento di M. Lipman questi racconti e i loro protagonisti hanno una valenza in qualche modo universale; i temi trattati, riguardando la conoscenza e la condotta umane, sono trasversali rispetto ad età e cultura dei partecipanti alla comunità di ricerca, e sono riferibili anche a realtà diverse da un punto di vista geografico:

«[…] Lo sforzo dei bambini deve essere quello di riconoscere delle qualità universali dei personaggi e la grande generalità delle problematiche in cui sono coinvolti. Se un bambino è industrioso, ad esempio, questa non è una qualità “locale”, ci sono bambini industriosi ovunque nel mondo; ci sono bambini scettici, bambini analitici, bambini sperimentali, bambini intuitivi e così via, e sono dappertutto. […]»

(M. Santi,

Conversazione con M. Lipman

, in

Filosofia e formazione

, pag. 56)

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Un movimento culturaleL’applicabilità della P4C è andata oltre i confini didattici, divenendo una vera e propria rivoluzione culturale che ha trovato riscontro in ambiti molto diversi da quelli scolastici. La P4C mostra una profonda

trasversalità

:

•da un punto di vista

culturale

(tutti possono partecipare a sessioni di P4C, a prescindere dal fatto che abbiano studiato filosofia);

•da un punto di vista

anagrafico

(dalla scuola dell’infanzia all’università della terza età, anche con anziani).

•da un punto di vista

geografico

(la P4C si è diffusa dalla fine degli anni Settanta ad oggi negli Stati Uniti, Canada, Messico – soprattutto nella regione del Chiapas -, Argentina, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Taiwan, Cina, Corea, ecc.).

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Per approfondimenti teorici:

A. Cosentino (a c. di),

Filosofia e formazione. 10 anni di P4C in Italia

, Liguori, Napoli 2002;

A. Cosentino, (a c. di),

Pratica filosofica e professionalità riflessiva

Liguori, Napoli

2006;

M. Santi (a c. di),

P4C: un curricolo per imparare a pensare,

Liguori, Napoli 2006;

M. Santi,

Ragionare con il discorso,

La Nuova Italia, Firenze 1995;

A. Cosentino-S. Oliverio,

Comunità di ricerca filosofica e formazione. Pratiche di coltivazione del pensiero,

Liguori, Napoli 2011;

A. Volpone (a c. di),

Pratica filosofica di comunità

,

Liguori Napoli 2013;

M. Striano,

Quando il pensiero si racconta

,

Meltemi

, Roma 1999;

M.

Lipman

,

Educare al pensiero

, Vita e Pensiero, Milano 2005;

A. Cosentino,

Filosofia come pratica sociale

, Apogeo, Milano 2008.