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SENECA TRAGICO il furor - PowerPoint Presentation

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SENECA TRAGICO il furor - PPT Presentation

in conflitto col logos Fedra   era figlia di Minosse e di   Pasifae sorella di Arianna sposa di Teseo che lha portata con sé nella fuga da Creta Secondo lelaborazione del mito fatta da Euripide  in due tragedie presa da folle amore per il figliastro Ippolito casto ID: 789048

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Presentation Transcript

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SENECA TRAGICO

il

furor

in conflitto col

logos

Slide2

Fedra

  era figlia di Minosse e di

 

Pasifae

, sorella di Arianna

,

sposa di Teseo che l’ha portata con sé nella fuga da Creta. Secondo l’elaborazione del mito fatta da Euripide  in due tragedie, presa da folle amore per il figliastro Ippolito, casto seguace di Artemide, e da lui respinta, si uccide accusando Ippolito di aver tentato di

sedurla,

e ne provoca la morte.

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Ippolito 

era il m

itico figlio di Teseo e dell’amazzone Antiope. Era bellissimo e casto, seguace quindi di Artemide-Diana e avverso ad Afrodite

I

ppolito

trascinato dai suoi cavalli

, opera dell'artista 

Sir Lawrence Alma

-Tadena

,

 

1860

 circa

Slide4

Il mito di Fedra e Ippolito è narrato nella tragedia 

Ippolito

di Euripide e, nel mondo latino, da Ovidio che, nelle sue Heroides

dedica un'epistola, la IV, a Fedra che scrive a Ippolito (senza risposta). Del 

1677 è

il dramma di  Jean

Racine

,

Phèdre

.

D’Annunzio  nel 1909 mise in scena una tragedia intitolata 

Fedra

, rifacendosi esplicitamente al mito classico, e nel 1915 andò in scena un'opera di

Ildebrando

Pizzetti

, anch'essa col titolo di 

Fedra

, basata sul testo dannunziano.

Il poeta greco 

Ghiannis

Ritzos

 riscrive il mito di Fedra, che pubblica all'interno del volume 

Quarta dimensione

 nel 1972, durante la "pausa liberale" della dittatura di

Papadopulos

.

Del 1996 è l'opera 

Phaedra

’s Love

della drammaturga inglese Sarah

Kane

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La

tragedia vede in scena 6

dramatis personae ovvero personaggi del dramma: Ippolito, Fedra, la Nutrice, il Coro, Teseo e un Nunzio.

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CANTO MONODICO

DI

IPPOLITOEgli si professa seguace di Diana, “sovrana del regno più segreto della terra, saettatrice infallibile della fiera che si abbevera al gelido Arasse e di quella che danza sulla crosta ghiacciata dell’Istro. La tua mano raggiunge i leoni di Libia e le cerve di Creta, o trafigge, più lieve, le gazzelle in corsa. A te offrono il petto le tigri maculate, a te offrono il dorso i bisonti villosi e gli uri selvaggi dalle larghe corna. Ha paura del tuo arco, Diana, tutta la fauna che vive nelle solitudine, quella ben nota agli Arabi nei boschi ricchi di aromi, o dai Garamanti […] Se il tuo fedele ti è accetto e porta con sé la tua benedizione, le reti tengono avvinte le fiere, le zampe non strappano i lacci, la preda fa gemere il carro; allora il muso dei cani è tutto rosso di sangue e la schiera campagnola torna alle sue capanne in un lungo trionfo. Eccoti, o dea; latrano i cani, segno del tuo favore. Mi chiamano i boschi.”

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MONOLOGO

DI

FEDRA“Ma sull’anima triste mi pesa un altro più grande dolore. Non mi porta sollievo né la notte né il sono: il mio male si alimenta, e cresce e brucia come il fuoco che trabocca dal cratere dell’Etna. […] Vorrei scovare e inseguire di corsa le fiere e scagliare i rudi giavellotti con la mano delicata. Dove corri, mio cuore? Che delirio ti fa amare le selve? La riconosco, la fatale passione di mia madre infelice: il nostro amore si fa peccato nei boschi. Madre, ho pietà di te: preda di una furiosa passione, sei giunta ad amare il capo feroce di bestie selvagge: era un bruto, il tuo amante, insofferente del giogo, re di un branco brado…Ma era capace di amore. Quale dio, quale Dedalo, avrà rimedio per il mio rovente dolore? […]Per le figlie di Minosse non ci sono amori normali, tutti hanno qualcosa di empio.”

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LA VOCE DELLA NUTRICE

L’amore come divinità possente è invenzione di una voglia

immorale e viziosa, che per essere più libera ha dato alla passione il nome pretestuoso di dio. Imputa alla ricchezza e all’agio l’abbandonarsi più facilmente ai deliri amorosi: l’amore onesto abita in modeste dimore, la classe media ha sentimenti sani mentre ricchi e regnanti vogliono avere più del lecito, vogliono, avendo già troppo, l’impossibile.

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LA VOCE DEL CORO

Cupido imperversa

su tutte le creature con le sue frecce, facendo divampare incendi nei cuori di tutti, giovani e vecchi, dei e armenti; Amore è il dio dal regno più vasto di tutti: dalla terra, al cielo, agli abissi marini, non risparmia nemmeno i mostri del mare, ed è in grado di vincere l’odio

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IPPOLITO TESSE L’ODE

DELLA PUREZZA ORIGINARIA

“…chi ha mantenuto la sua purezza nei boschi non arde di folle cupidigia, non smania per una popolarità infida ai buoni, non è avvelnato dalla gelosia né illuso dal fragile favore dei potenti, […] è libero da speranza e da timore […]la sua proprietà non ha confini: si aggira senza danno di alcuno per l’aperta campagna, sotto il cielo aperto …vuole l’aria e la luce, e la sua vita ha testimonio il cielo. Così si viveva, penso, mescolati agli dei nell’età più antica. […]Ruppero questo accordo l’empia frenesia di guadagno, l’ira impaziente e le brame che non danno mai pace al cuore …allora si cominciò a combattere … e poi il dio della morte inventò sempre più efficaci forme per dare la morte … e si moltiplicarono le empietà, dei fratelli contro i fratelli, dei figli contro i padri, delle madri e delle matrigne: [il discorso diviene misogino] il primo dei mali è la donna, è lei la maestra di delitti, per i suoi adulteri vanno in fumo le città, tanti popoli si fanno guerra, tante genti sono sepolte sotto le rovine dei loro regni. Basti Medea come esempio.”

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LA DICHIARAZIONE

D’AMORE

DIFEDRA: UN AMORE NOSTALGICOFedra dichiara a Ippolito il suo amore in una forma indiretta, parlando di com’era suo padre da giovane, nel labirinto, quando di lui si innamorò sua sorella Arianna

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IL RAMMARICO DEL CORO

Quanto sono lontani i celesti

dagli uomini: “perché non ti curi di aiutare i buoni e di punire i malvagi?Le cose umane sono in balia del Caso che sparge i suoi doni con mano cieca, favorendo i peggiori; l’innocenza è vinta dall’arbitrio, la falsità regna nei palazzi regali. Il popolo gode di affidare il potere a mani indegne, e la stessa persona è segno di amore e di odio. Il merito tristemente riceve non il premio, ma il castigo della sua virtù: agli onesti è compagna la miseria, e l’adulterio trionfa grazie ai suoi vizi: o moralità, nome vano, falsa apparenza!”

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IL CORPO SMEMBRATO

Ippolito non appartiene all’ambito del

logos (il coro) e nemmeno a quello del furor (Fedra, Teseo). Rappresenta uno stato di natura che si appaga di sé, non necessita di relazioni, si nutre di solitudine. Ha qualcosa di disumano e di astratto, a dispetto del radicamento nella condizione naturale.Il suo smembramento rende atrocemente evidente tale solitudine, in quanto gli sottrae un’identità. Le ultime parole della tragedia, in compenso, conferiscono peso e sostanza al corpo di Fedra.