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Classe IIIB    A.S. 2016/2017 Classe IIIB    A.S. 2016/2017

Classe IIIB A.S. 2016/2017 - PowerPoint Presentation

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Classe IIIB A.S. 2016/2017 - PPT Presentation

Tutor Profssa Antonietta Rega INDICE Concetti chiave Il significato dei termini Mafia e Camorra Dalle origini della camorra ad oggi Dalle origini della mafia ad oggi Il fenomeno mafioso ID: 579394

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Presentation Transcript

Slide1

Classe IIIB A.S. 2016/2017

Tutor Prof.ssa Antonietta RegaSlide2

INDICE

-

Concetti chiave

Il significato dei termini “Mafia e Camorra”

Dalle origini della camorra ad oggi

Dalle origini della mafia ad oggi

Il fenomeno mafioso

Strutture e dinamiche della mafia

Guerre di mafia e guerre alla mafia

- Paolo Borsellino e Giovanni FalconeSlide3

Concetti chiave

Verso la fine del Novecento si sviluppò la criminalità organizzata, ovvero una forma di delinquenza associata che presuppone un’organizzazione stabile di più persone al fine di commettere più reati, per ottenere, direttamente o indirettamente, vantaggi finanziari o materiali. Il termine indica principalmente i sodalizi criminali più strutturati, quali la mafia, la camorra, la ’ndrangheta e la Sacra corona unita. L’attività criminale è legata sempre più a una serie di traffici su scala internazionale e intercontinentale, nei quali la singola organizzazione territoriale appare spesso come il segmento di un’attività che, a monte e a valle, si avvale di una complessa catena di relazioni e di complicità, e che dunque può essere compresa, e combattuta, solo a partire dalla definizione di un quadro d’insieme. Si evidenziano, infatti, collaborazioni consolidate tra le organizzazioni endogene e quelle di matrice straniera (cosiddetta

inter mafiosità),

in particolare dell’Europeo orientale, dell’area balcanica, del continente asiatico, del

Nordafricani

e del Sudamerica, particolarmente attive nei settori dell’immigrazione clandestina, della tratta degli esseri umani e dello sfruttamento della prostituzione e del traffico di stupefacenti. Quest’ultimo esemplifica gli anelli intermedi di un processo che si svolge per lo più in luoghi diversi, e che comprende, oltre alla produzione delle droghe, il riciclaggio dei proventi, largamente impiegati in attività economiche lecite e comunque dislocate al di fuori del tradizionale raggio d’azione delle cosche. Slide4

Il significato dei termini

La

«mafia»

è un’organizzazione criminosa clandestina che esercita il controllo su certe attività economiche e su traffici illeciti e condiziona la libertà dei cittadini e il regolare andamento delle funzioni pubbliche; è retta dalla legge dell'omertà e del silenzio e si serve di metodi di intimidazione e di repressione violenta e spietata.

La

«camorra»

è un’associazione segreta criminale regolata da un primitivo codice d’onore (guapperia), dove taglieggiava i detenuti; più tardi, con uno sviluppo parallelo a quello della mafia, ha preso via via il controllo del gioco clandestino, della prostituzione, del mercato alimentare, della speculazione edilizia, del contrabbando del tabacco e della droga.Slide5

Camorra

La camorra è una forma criminale assimilabile alla mafia nei metodi e negli interessi, ma che nel passato ha avuto origini, caratteristiche, costumi diversi e del tutto autonomi. Fino a qualche decennio fa con il termine camorra si indicava quella particolare organizzazione criminale sorta a Napoli dalla plebe all'inizio dell'Ottocento.

Di questa setta, diffusasi poi nelle province di Napoli, Salerno e Caserta, non si hanno notizie prima del 1820, né il termine, prima di quella data, compare abbinato al significato di organizzazione criminale. L'unico dato che sembra farne risalire la nascita a un periodo anteriore è dato dal nome che la setta si diede, ''Bella società riformata”. Essa nasce come ''setta segreta''. I riti di iniziazione, basati sull'obbedienza, sembrano ricalcare quelli della massoneria. La plebe napoletana era fuori da qualsiasi organizzazione economica e politica, che faceva sentire la sua opinione unicamente con le sommosse e le rivolte che ciclicamente segnavano la vita della città. La camorra fu dunque una specie di partito politico o di ''corporazione'' della plebe napoletana, il ''partito dei violenti''. Perciò se per camorra si intende il tipo di organizzazione criminale che ha dominato la vita dei ceti popolari e plebei napoletani, si può dire tranquillamente che essa è iniziata e finita nell'Ottocento. Si è comunque continuato a parlare di camorra, facendo riferimento ad alcune caratteristiche comuni a forme criminali ricorrenti nella città di Napoli e in Campania. Essa è stata all'inizio un fenomeno criminale urbano; la mafia, invece, ha avuto un lungo insediamento nelle campagne. I due fenomeni sono segnati fortemente dal luogo di nascita. Questo fenomeno si è sempre mostrato con le tipiche caratteristiche urbane, quali il carattere di massa, l'organizzazione centralizzata, confuse aspirazioni sociali e ribellistiche, segni visibili della comune appartenenza (modo vistoso di vestire, uso del gergo, perfino un particolare taglio di capelli); la mafia, invece, legata al latifondo e alla sua evoluzione, ha mantenuto per un lungo periodo ''valori'' e caratteristiche ''rurali'' quali il privilegiare la discrezione e non il clamore attorno alle proprie azioni, la sostanza e non l'apparenza dell'atto criminale, il prevalere della struttura familiare e non l'organizzazione di massa.Slide6

La camorra rappresentava l'unica vera mobilità sociale della plebe, una specie di legge di evoluzione in cui solo i violenti emergevano oltre la soglia della sopravvivenza. In una città piena di violenti e sbandati, il libero corso della violenza avrebbe impedito la convivenza sociale. Essa pertanto veniva disciplinata, ritualizzata e quindi ''contenuta''. Non a caso lo statuto della camorra prende il nome di

frieno

(''freno'').

Tutta la complessa gerarchia della setta indicava un tentativo di disciplina, ritualizzazione e gerarchizzazione della violenza. E si pensi che mentre la mafia già nella seconda metà dell'Ottocento usava la lupara per i suoi delitti in imboscate nelle campagne siciliane, la camorra usava ancora il coltello fin quasi alla fine del secolo 19°. L'assassinio di

Cuocolo

, un basista di furti, e di sua moglie, da cui prenderà le mosse un celebre processo che darà un duro colpo alla camorra della città, fu un assassinio di coltello, e siamo nel 1906. Questo non deve implicare, come spesso è avvenuto, una minore pericolosità ed efferatezza dei camorristi rispetto ai mafiosi. Il delitto nella camorra è solo l'ultimo atto di una controversia; un atto ''importante'' che non può essere deciso dal singolo.

Il carattere prettamente plebeo di questa associazione criminale comincia a modificarsi nell'ultimo quarto del 19° secolo, quando l'allargamento del ceto politico-amministrativo e degli aventi diritto al voto (1882-1889) accresce le occasioni di contatto e di scambio tra camorra e politica. Di questo rapporto dà uno spaccato preciso la cosiddetta inchiesta

Saredo

sulla vita politica e amministrativa di Napoli (1901), inchiesta decisa all'indomani del processo tra il parlamentare napoletano Casale e il giornale socialista La Propaganda, che aveva smascherato i contatti dell'uomo politico con ambienti camorristici. Nonostante ciò la camorra non riuscì a compiere il salto sociale, infiltrandosi nella classe dirigente e stabilendo rapporti organici con i ceti possidenti, così come avvenne, nello stesso periodo, per la mafia.Slide7

All'inizio del 20° secolo si determinarono a Napoli condizioni del tutto nuove per effetto dei processi di industrializzazione, per la nascita del movimento operaio organizzato, per la massiccia emigrazione, per il completamento dello sventramento dei quartieri più miseri: tutti fattori che restrinsero spazio e prospettive per una organizzazione criminale incapace di adeguarsi alle trasformazioni sociali in atto. Il processo

Cuocolo

(1911), con alla sbarra tutti i

Capo camorra

della città, segna l'ultima delle tante repressioni della camorra, che la metterà per anni fuori gioco.

Il carattere prettamente urbano della camorra viene così ad attutirsi, anche per il diffondersi nelle più fertili campagne circostanti di forme di criminalità legate specificamente alla commercializzazione dei prodotti agricoli. A differenza del mafioso che si poneva tra rendita fondiaria e contadini, il camorrista di campagna svolge le sue funzioni di mediazione tra il contadino e il mercato, caratterizzandosi come figura atipica di un capitalismo mercantile poco e male sviluppato in una agricoltura ricca e intensiva ma caratterizzata dallo spezzettamento della proprietà fondiaria e dal basso potere contrattuale sul mercato.

Nel periodo fascista il fenomeno sembra quasi del tutto scomparire. Nel secondo dopoguerra una presenza della camorra si segnala di nuovo nei mercati agricoli, controllati da uomini violenti come

Pascalone

'e Nola, vittima celebre di un clamoroso delitto (1955) che provocò la vendetta di sua moglie

Pupetta

Maresca. Uomini del genere sono quelli che determinano i prezzi, al punto da venire chiamati ''presidenti dei prezzi''.Slide8

A Napoli città, una nuova presenza della camorra può fissarsi intorno al 1961. È l'anno in cui viene chiuso il porto franco di Tangeri e i depositi delle società venditrici di tabacco si spostano all'altezza delle coste iugoslave e albanesi. Questo spostamento del centro dei traffici del contrabbando di sigarette dà una nuova centralità al porto di Napoli.

In questo periodo cambia anche l'organizzazione del contrabbando per effetto della modifica del sistema dei pagamenti, con l'esazione in anticipo della metà del costo dell'intero carico, e del noleggio della nave, mentre lo sbarco viene garantito soltanto al limite delle acque territoriali; c'è quindi bisogno di cospicui capitali e di notevoli capacità organizzative, che vengono forniti dalla mafia siciliana. Nei primi anni Sessanta Napoli diventa così il centro del contrabbando, determinando uno scontro tra le cosche mafiose e i clan marsigliesi. Avvantaggiata dalla scelta di Napoli come soggiorno obbligato per molti suoi esponenti di spicco, la mafia si preoccupa di organizzare stretti rapporti con alcuni esponenti della criminalità locale (Zaza, Nuvoletta, Bardellino, ecc.).

Una seconda data significativa va collocata alla metà degli anni Settanta, quando l'aumento del valore del dollaro riduce l'importanza del contrabbando di sigarette. Un sistema che aveva permesso a decine di migliaia di persone, nel suo periodo di massima espansione, di sopravvivere, comincia a sfaldarsi, ponendo l'urgente necessità di destinare questa organizzazione capillare ad altri traffici: è così che fa il suo ingresso la droga sul mercato napoletano. E siamo già a ben altra storia.Slide9

La camorra contemporanea è, in tal senso, un fenomeno sviluppatosi nell'ultimo ventennio, e ha assunto in poco tempo un ruolo non paragonabile a quello svolto fino a pochi anni prima. Mentre infatti della camorra non si occupò la Commissione parlamentare antimafia, istituita nel 1962 e conclusasi nel 1976, solo pochi anni dopo, nel 1982, essa è viceversa al centro sia della nuova legge antimafia detta La Torre-Rognoni), sia della nuova Commissione antimafia. Si pensi a un altro dato: mentre la speculazione edilizia che interessò Palermo tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta ha avuto come protagonista la mafia, non si segnala quasi nessun ruolo svolto dalla camorra nella massiccia trasformazione urbanistica che interessò Napoli nello stesso periodo.

Questa rapidissima evoluzione della camorra da criminalità secondaria a criminalità di importanza nazionale e internazionale non ha precedenti nella storia della criminalità del 20° secolo, né può essere spiegata solo con il peso della ''tradizione'' che, come abbiamo già visto, non ha fornito alla camorra le basi per una stabile e permanente presenza sulla scena sociale e politica di Napoli e della Campania. Due sono stati gli elementi che hanno determinato questa improvvisa accelerazione: da un lato il peso assunto nel traffico internazionale della droga, dall'altro il controllo di una parte dell'economia pubblica, che in Campania ha ricevuto un fortissimo impulso dopo il terremoto del novembre 1980. L'intero processo di sviluppo della Campania, dopo la drastica riduzione del peso dell'industria causata dal disimpegno delle Partecipazioni Statali, è stato condizionato dall'erogazione di migliaia di miliardi per la ricostruzione. Mai prima si era concentrata nell'area campana una spesa pubblica così ingente. La camorra troverà “l'economia del terremoto”fortemente congeniale alla sua espansione imprenditoriale, capace di farle superare le sue due principali difficoltà storiche: un rapporto organico con l'economia legale, un rapporto non ''mercenario'' ma interno al potere politico-istituzionale.Slide10

È impressionante notare come la camorra di massa presenti alcune caratteristiche simili alla camorra ottocentesca: l'organizzazione di massa, il monopolio sugli affari illegali, vaghe aspirazioni sociali, la rappresentanza ''politica'' dei più violenti. Questo dato fa interrogare sulle cause che hanno permesso, a distanza di un secolo, il verificarsi di condizioni sociali e politiche entro cui si è riprodotto un fenomeno criminale che, con quelle caratteristiche, sembrava finito.

La sconfitta del ''progetto'' cutoliano, ovvero della banda di

Cutulo

, di monopolizzare tutte le attività illegali permette l'espansione della camorra-impresa. La maggiore ''funzione economica'' svolta dagli enti locali dopo il terremoto del 1980, la direzione ''politica'' dell'economia tramite una massiccia immissione di spesa pubblica, l'aggiramento delle leggi come regola amministrativa dominante, il sistema clientelare e discrezionale nell'uso e nella distribuzione delle risorse pubbliche, sono tutti fattori che favoriscono il consolidamento imprenditoriale di una camorra interessata al reinvestimento di capitali illegali, derivanti essenzialmente dal traffico di droga.

Proprio per le caratteristiche brevemente illustrate della camorra di massa e della camorra-impresa, non si può parlare di esse come ''antistato''. Le ''camorre'' si sono rafforzate, hanno assunto un ruolo mai avuto nel passato, non per l'assenza dello stato, ma per particolari modalità con cui lo stato ha ''modernizzato'' questa regione centrale del Mezzogiorno, e per gli esiti di questa trasformazione. Nell'esplodere delle c. c'è il segno di questioni non risolte, quali la questione urbana, la questione giovanile, il rapporto tra politica ed economia, il confine tra legale e illegale dentro una trasformazione pilotata dall'alto, sotto il segno della spesa pubblica, nell'assenza di una economia di mercato e nel contesto di una debole base produttiva e industriale.Slide11

In conclusione, la camorra, diversamente dalla mafia, non ha conosciuto una lineare continuità storica. In quanto fenomeno criminale a forte caratterizzazione sociale, essa è stata sempre molto ''ricettiva'' delle trasformazioni economiche e sociali che si sono di volta in volta determinate nel corso della storia di Napoli e della Campania. Perciò la c. è sembrata, per lunghi periodi, scomparire, perdere di ruolo e di importanza, soprattutto in concomitanza con cambiamenti profondi nel ruolo e nelle condizioni di vita degli strati che tradizionalmente ne hanno rappresentato i luoghi di reclutamento e di influenza. La camorra è ricomparsa prepotentemente sulla scena, dopo anni di silenzio o di latenza. È ricomparsa alla fine di un ciclo di politiche speciali verso il Mezzogiorno, iniziato negli anni Cinquanta e conclusosi a metà degli anni Settanta. Queste politiche hanno cambiato il volto del Mezzogiorno e anche della Campania, ma evidentemente non hanno radicalmente modificato le condizioni storiche che sono state alla base dell'insediamento camorristico. Anzi, dal terremoto in poi, hanno addirittura fornito alla camorra quel legame organico con l'economia legale e con il sistema politico-amministrativo la cui mancanza era stato il suo punto debole.Slide12

Mafia

La mafia nacque come braccio armato della nobiltà feudale per la repressione delle rivendicazioni dei contadini. A fine Ottocento si strinsero i legami tra mafia e politica, con l’ascesa di mafiosi al potere locale e l’affermarsi della prassi dello scambio di voti e favori, mentre si consolidava un rapporto di dominio-protezione della mafia sul territorio in cui operava. Il salto di qualità coincise con l’emigrazione meridionale negli USA agli inizi del 20° secolo. La mafia assunse allora un ruolo importante nell’immigrazione clandestina, imponendo il proprio controllo sulla forza-lavoro e il racket sulle attività dell’area occupata, e intensificando le pratiche di scambio elettorale. Negli anni 1920 la domanda contadina di terra e le misure governative per la formazione di nuove proprietà permisero alla mafia di porsi come intermediario tra latifondisti e cooperative contadine. Durante il fascismo Mori, prefetto di Palermo (1925-28), fu inviato a stroncare la mafia, intercettandone i tradizionali legami con la politica locale e rivendicando il monopolio statale della violenza. Tra il 1943 e il 1945 la mafia, a cui gli Alleati si erano appoggiati per preparare lo sbarco, strinse rapporti con il movimento separatista e, dopo il 1945, con esponenti dei partiti al governo, che la legittimarono come forza antisindacale, anticontadina e anticomunista. Mentre le cosche locali si radicavano nel tessuto degli enti regionali, i mafiosi rientrati dagli USA fecero della Sicilia la centrale mediterranea del narcotraffico e del traffico di armi. La mafia del palermitano si organizzò quindi in ‘cupola’ (Cosa nostra), avviò un processo di controllo della criminalità organizzata e individuò nuovi settori di profitto (edilizia, mercati generali, appalti), configurandosi negli anni 1960 come mafia ‘urbano-imprenditoriale’. Negli anni 1970-80 la mafia divenne protagonista del narcotraffico, intrecciando rapporti con organizzazioni straniere. Nel 1979 iniziò una violenta offensiva volta a rimuovere gli ostacoli alla sua crescita con l’uccisione di uomini politici, poliziotti e magistrati, mentre si verificavano anche grandi conflitti intestini, dai quali emerse vincitore il gruppo detto dei Corleonesi. Vittime della mafia sono caduti, tra gli altri, Mattarella nel 1980, La Torre e il generale C.A. Dalla Chiesa nel 1982 e il giudice Chinnici nel 1983. Culmine di tale guerra è stato nel 1992 l’assassinio dei giudici G. Falcone e P. Borsellino, del finanziere Salvo e del deputato democristiano Lima. Nel frattempo, però, le rivelazioni di una serie di mafiosi ‘pentiti’ hanno consentito di compiere passi importanti nella lotta antimafia, istituendo fra l’altro un maxiprocesso a più di 400 persone nel 1986: sono stati arrestati i boss corleonesi L.

Liggio

, S. Rina e, nel 2006, B. Provenzano, insieme a moltissimi altri capimafia. Slide13

Il fenomeno mafioso

La parola mafia comparve nel 1863 prima in una commedia dialettale e subito dopo in un documento della questura di Palermo. Tra Ottocento e Novecento, e fino a oggi, con essa è stata indicata una fenomenologia criminale tipica della parte centro-occidentale della Sicilia, caratterizzata da profondo radicamento nella cultura locale e da connessioni con il potere politico ed economico. Dagli imprenditori di vari settori dell’economia legale (commercio, edilizia, agricoltura) i mafiosi pretendono tangenti promettendo di ‘proteggerli’ contro la delinquenza, ossia da altri gruppi di mafia, e spesso per questa via diventano essi stessi imprenditori. Altra attività è il commercio illegale (stupefacenti, armi, prodotti di contrabbando) anche su larghissima scala. In passato il fenomeno mafioso è stato considerato frutto di strutture economico-sociali particolarmente arretrate, di un universo sociale composto da poveri contadini, grandi latifondisti e grandi affittuari, i cosiddetti gabellotti, dai cui ranghi provenivano molti capimafia. Altrettanto consolidata è l’interpretazione che chiama in causa una cultura ‘mediterranea’ lontana dai concetti moderni di Stato e legalità, incline a regolare i conflitti facendo ricorso alla legge non scritta della vendetta o faida. Secondo tale lettura, la famiglia più o meno patriarcale sarebbe il fulcro dell’organizzazione mafiosa, e la Sicilia ‘tradizionale’ esprimerebbe quest’unico modello di aggregazione sociale. La mafia tuttavia è riuscita a impiantarsi o riprodursi anche nell’ambiente ben più progredito degli Stati Uniti, attraverso flussi migratori e traffici di scala transoceanica, e nel suo stesso luogo d’origine è sopravvissuta con grande facilità al mutamento storico-sociale intervenuto con l’avvento della modernità. Slide14

Strutture e dinamiche della mafia

La mafia ha le caratteristiche di una società segreta, o di un insieme di società segrete, sia pure collegate al complesso della cultura o della società siciliana, nelle quali si entra attraverso un rito di affiliazione e che restano stabili nel tempo in determinati territori. Oggi tale organizzazione viene indicata come Cosa nostra ma anche in passato, quando quest’espressione non esisteva, si sapeva che la mafia si articolava in gruppi locali, i quali talvolta potevano agire d’accordo tra loro, in altri casi competere e anche confliggere violentemente. Con riferimento all’intrigo che in quei luoghi si consumava, questi gruppi erano detti cosche, nasse, o anche talora partiti. Non è peraltro vero che nell’Ottocento siciliano la famiglia fosse l’unico modello possibile di aggregazione sociale. In quei tempi l’isola conosceva un fiorire di confraternite, società di mutuo soccorso, circoli, e nel passaggio al nuovo secolo anche una complessa struttura di partiti locali. Queste associazioni da un lato rappresentarono modelli disponibili, e dall’altro luoghi all’interno dei quali le fazioni più o meno mafiose poterono occultarsi. Per spiegare i caratteri di segretezza e particolare compattezza riscontrabili nelle ‘fratellanze’ di mafia, molte fonti ottocentesche chiamarono in causa anche il modello delle logge massoniche, terreno classico degli intrighi dei gruppi dirigenti

. Slide15

Guerre di mafia e guerra alla mafia:

Nel passato le istituzioni oscillarono tra lunghi periodi di tolleranza e tentativi più o meno fortunati di repressione, come l’operazione condotta alla fine degli anni 1920 dal prefetto Mori. Quanto ai movimenti antimafia, un preconcetto piuttosto diffuso vuole che prima degli anni 1970 non ne esistessero affatto. È vero invece che i movimenti contadini, in particolare nel secondo dopoguerra, si sono mobilitati contro il latifondo e appunto contro i gabellotti mafiosi; che si sono avute grandi mobilitazioni di piazza e di stampa in occasione di eventi traumatici precedenti, come gli assassini dell’ex direttore del Banco di Sicilia, E. Notarbartolo, e del poliziotto italoamericano J. Petrosino. Troppo spesso la stampa (e talora le forze politiche e la magistratura) descrive la mafia come un nemico onnipotente capace di controllare tutto e tutti. Si tratta di una semplificazione comprensibile, alla luce della lunga durata del fenomeno e del raggio delle complicità di cui esso ha goduto e tuttora gode, ma che in questa forma estrema risulta erronea sotto il profilo fattuale, nonché controproducente sotto quello etico-politico. Infatti la tesi secondo la quale l’avversario non è stato mai contrastato può comportare l’idea che esso non sia contrastabile, inducendo nell’opinione pubblica o nelle stesse autorità sconforto e passività. La mafia può essere efficacemente combattuta, ed è stata in particolare combattuta con buon successo sia in Italia sia negli Stati Uniti a partire dall’inizio degli anni 1980, grazie a nuove leggi, nuove istituzioni specializzate nel contrasto alla criminalità organizzata, e agli stessi drammatici conflitti interni all’universo mafioso che hanno visto molti affiliati (i pentiti) collaborare con le autorità e rivelare i segreti dell’organizzazione.Slide16

Giornalista per la pace… Giancarlo

Siani

Giancarlo

Siani

era un giovane giornalista pubblicista napoletano. Fu ucciso a Napoli, la sera del 23 settembre 1985, sotto casa, nel quartiere residenziale del vomero: aveva compiuto 26 anni il 19 settembre, pochi giorni

prima. Appartenente

ad una famiglia della borghesia medio-alta napoletana,

Siani

, aveva frequentato con ottimo profitto il liceo classico al "Giovanbattista Vico" dove, alla cultura classico-umanistica aveva affiancato quel fermento politico dei movimenti della sinistra studentesca, conosciuto come "i ragazzi del 77" dal quale si

distaccò

per un passaggio attraverso i movimenti non

violenti. Si

era iscritto

all'Università

e, contemporaneamente, aveva iniziato a collaborare con alcuni periodici napoletani, mostrando sempre spiccato interesse per le problematiche sociali del disagio e dell'emarginazione, individuando in quella fascia il principale serbatoio della manovalanza della

criminalità

organizzata, "la camorra

". Iniziò ad

analizzare prima il fenomeno sociale della

criminalià

per interessarsi dell'evoluzione delinquenziale delle diverse "famiglie camorristiche", calandosi nello specifico dei singoli individui. Fu questo periodo che

contrassegnò

il suo passaggio dapprima al periodico "osservatorio sulla camorra" rivista a carattere socio-informativo, diretta da Amato Lamberti e successivamente al quotidiano "Il Mattino", come corrispondente da Torre Annunziata presso la sede distaccata di Castellammare di Stabia, Comune di oltre 90mila abitanti, distante una decina di chilometri da Torre Annunziata. E cosi

Siani

iniziò

a frequentare quella redazione, trattenendosi a scrivere lì i propri articoli: in pratica faceva vita di redazione, pur non potendo ufficialmente, essendo solo un

corrispondente. Ma

era accettato, non soltanto

perché si

sapeva che di lì a qualche tempo il Direttore avrebbe firmato la lettera d'assunzione, ma

perché Giancarlo

si faceva accettare per il suo modo di essere allegro, gioviale, sempre disponibile, sempre pronto ad avere una parola per chiunque, di conforto o di sprone, nella gioia come nella tristezza. Comunque le voci giravano: si sapeva che era soltanto questione di pochi mesi, un anno al massimo e Giancarlo sarebbe stato assunto. Fu in questo lasso di tempo che

Siani

scese molto in

profondità

nella

realtà

torrese senza tralasciare alcun aspetto, compreso e forse soprattutto quello criminale, che anzi

approfondì

con inchieste sul contrabbando di sigarette e sull'espansione dell'impero economico del boss locale, Valentino

Gionta

. Un'esperienza

che lo fece diventare fulcro dei primi e temerari movimenti del fronte anticamorra che sorgevano. Promotore di iniziative, firmatario di manifesti d' impegno civile e democratico,

Siani

era divenuto una

realtà a

Torre Annunziata: scomodo per chi navigava nelle acque torbide del crimine organizzato, d'incoraggiamento per chi aveva una coscienza civile, ma non aveva il coraggio per

urlare. Slide17

Lui, invece, urlava con i suoi articoli, urlava con

umiltà,

ma paradossalmente riusciva ad insinuarsi. Aveva capito che la camorra s'era infiltrata nella vita politica, della quale riusciva a regolare ritmi decisionali ed elezioni. La decisione di ammazzarlo fu presa all'indomani della pubblicazione di un suo articolo, su "Il Mattino" del 10 giugno 1985 (clicca sul bottone…) relativo alle

modalità

con le quali i carabinieri erano riusciti ad arrestare Valentino

Gionta

, boss di Torre Annunziata (attualmente in carcere condannato all'ergastolo)

Siani

spiegò

che

Gionta

era diventato alleato del potente boss Lorenzo Nuvoletta (deceduto) , amico e referente in Campania della mafia vincente di

Totò

Riina. Nuvoletta aveva un problema con un altro potente boss camorristico con il quale era giunto sul punto di far scoppiare una guerra senza quartiere. L'unico modo di uscirne era soddisfare la richiesta di costui e

cioè

eliminare

Gionta

. Nuvoletta che non voleva tradire l'onore di mafioso, facendo uccidere un alleato, lo fece arrestare, facendo arrivare da un suo affiliato una soffiata ai carabinieri.

Siani

venne a conoscenza di questo particolare da un suo amico capitano dei carabinieri e lo scrisse, provocando le ire dei camorristi di Torre Annunziata. Per non perdere la faccia con i suoi alleati di Torre Annunziata, Lorenzo Nuvoletta, con il beneplacito di Riina, decretò la morte di

Siani

. L‘organizzazione del delitto richiese circa tre mesi, durante i quali

Siani

continuò con sempre maggior vigore la propria attività giornalistica di denuncia delle malefatte dei camorristi e dei politici loro alleati, proprio nel momento in cui piovevano in Campania i miliardi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto del 1980. Questa è la verità giudiziaria dimostrata dagli inquirenti 8 anni dopo il delitto, con la collaborazione di alcuni pentiti e confermata per tutti gli imputati, (con la sola eccezione del boss Valentino Gionta,) nei tre gradi di giudizio con una serie d'ergastoli. Ma sicuramente dietro l'uccisione del giornalista Siani ci sarà anche dell'altro………Slide18

I protagonisti della mafia:

Falcone e Borsellino, eroi contemporanei

Due magistrati contro la mafia

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano nati entrambi a Palermo, dove svolgevano la loro attività di magistrati occupandosi

di

criminalità organizzata. Borsellino nel 1980 fece arrestare un primo gruppo di sei mafiosi, lavorando con il capitano dei carabinieri Emanuele Basile, che nello stesso anno venne assassinato. Da quel momento lui e la sua famiglia vissero blindati e continuamente protetti da una scorta. Tuttavia continuò a lavorare senza tregua nel pool antimafia guidato dal giudice Rocco Chinnici e a stretto contatto col suo amico Giovanni Falcone. Slide19

Il pool antimafia

Nell’83 Chinnici fu assassinato dai mafiosi e venne sostituito da Antonio Caponnetto; poco dopo furono eliminati anche altri stretti collaboratori di Falcone e Borsellino. Il pool antimafia tuttavia non si arrese mafiosi e grazie alla sua opera costante e minuziosa un gran numero di mafiosi finì in galera. La mafia reagì bruciando il terreno attorno ai giudici: dopo l’omicidio di Giuseppe Montana e Ninni

Cassarà

, nell’estate del 1985, stretti collaboratori di Falcone e Borsellino, si cominciò a temere per l’incolumità anche dei due magistrati, che furono indotti per motivi di sicurezza a soggiornare qualche tempo con le famiglie presso il carcere dell’ Asinara: qui gettano le basi dell’istruttoria del maxi processo di Palermo, con 475 criminali sul banco degli imputati. Il 16 novembre del 1987 diventa una data storica e insieme un momento fondamentale per il Paese, che per la prima volta inchioda la mafia traducendola alla Giustizia. Il Maxiprocesso sentenzia 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare, segnando un grande successo per il lavoro svolte da tutto il pool antimafia. Tuttavia, quando Antonio Caponnetto lasciò l’incarico per motivi di salute, una serie di vicende portò allo scioglimento del pool stesso. Slide20

Uomini soli?

Ma Falcone e Borsellino non abbandonarono la lotta, che continuò a conseguire importanti risultati sul fronte delle inchieste. Pagarono però il loro impegno con pesati critiche e accusa da parte di alcuni politici e di esponenti stessi della magistratura, che accusavano i due giudici, ma Falconi in particolare, di essere diventati personaggi troppo «pubblici» per il ruolo che svolgevano e con poteri eccessivi. Intanto la mafia preparava il suo contrattacco. Il 23 maggio 1992, con un attentato spettacolare, l’auto di Falcone venne fatta esplodere sull’autostrada tra Palermo e Trapani: 500 k di tritolo tolsero la vita al giudice, a suo moglie Francesca Morvillo, magistrato, e agli agenti di scorta Rocco di Cillo, Vito Schifani e Antonio

Montinaro

. Paolo Borsellino capì allora che non gli rimaneva molto tempo; affermò infatti: «devo fare in fretta, perché adesso tocca a me». Borsellino rilasciò interviste e partecipò a numerosi convegni per la mancata volontà da parte della politica di dare risposte serie e convinte alla lotta alla criminalità. Il 19 luglio dello stesso anno un’auto con circa 100 kg di esplosivo a bordo esplose in vi d’Amelio sotto la casa della mamma di Borsellino, mentre il giudice si stava recando a trovarla; Paolo Borsellino morì con tutta la sua scorta: Emanuela

Loi

(prima donna della polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traiana.Slide21
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Testimonianze raccolte dal giardino delle vittime innocenti inaugurato a Castel San

Giorgio nel mese di DicembreSlide24
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