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SECONDO LIBRO DEI MACCABEI - PPT Presentation

ORIGINE DEL LIBRO E un compendio o versione abbreviata di unopera scritta da Giasone di Cirene 2Macc 223 originariamente in 5 libri che poteva portare il titolo di Riassunto delle gesta di Giuda Maccabeo ID: 800857

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Presentation Transcript

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SECONDO LIBRO DEI MACCABEI

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ORIGINE DEL LIBRO

E’ un compendio o versione abbreviata di un’opera scritta da Giasone di Cirene (2Macc 2,23), originariamente in 5 libri, che poteva portare il titolo di «Riassunto delle gesta di Giuda Maccabeo»

Di Giasone non si sa nulla. Probabilmente doveva essere un giudeo, colto della diaspora cirenaica, che aveva relazioni con Gerusalemme e conosceva bene l’amministrazione dei seleucidi.Però non aveva una conoscenza diretta della Palestina. Uomo profondamente religioso e sinceramente appassionato all'identità del giudaismo

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DATA DI COMPOSIZIONE

Giasone probabilmente è un contemporaneo di Giuda Maccabeo, che opera fra il 175 e il 160 a.C. La sua opera in cinque libri non si può datare prima del 160 a.C. perché in questo anno si svolgono gli ultimi avvenimenti riferiti nell'ultimo capitolo del libro. Sembra che lo storico attinga notizie da informazioni orali, per cui si pensa che non abbia composto la sua opera in un'epoca troppo lontana dai fatti.

Per quanto riguarda la data dell'opera dell' autore del riassunto, essa deve situarsi dopo il 124 a.C., data della più recente delle due lettere premesse all'opera, e prima del 63 a.C.

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IL SITO ARCHEOLOGICO DI CIRENE (LIBIA)

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DESTINATARI DEL LIBRO

L'autore ha compiuto il suo faticoso lavoro di sintesi per tutti coloro che vogliono conoscere la storia

maccabaica, ma non se la sentono di leggere l'opera originale troppo voluminosa (2Mac 2,24-25). Queste persone che desideravano conoscere le gesta di Giuda sembra siano i «fratelli Giudei sparsi nell'Egitto» (2Mac l,l), a cui è indirizzata la prima lettera.

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LO SCOPO E GENERE LETTERARIO DEL LIBRO

SCOPO FORMATIVO: Dio, che ha eletto il suo popolo, continua a proteggerlo e a salvarlo nonostante il peccato di alcuni suoi membri, ma questo Dio ha un luogo dove egli abita con il suo popolo, il tempio di Gerusalemme, e là desidera essere onorato anche dai Giudei che vivono nella diaspora egiziana.

LINGUA è il GRECO: eccetto le due lettere dell’inizio, che sono state tradotte dall'ebraico o dall’aramaico (2Mac 1,1-10a e 1,10b-2,18).IL GENERE LETTERARIO è quello della storia religiosa: «storiografia patetica che tende a suscitare la compassione e la paura». Bisogna istruire e formare i lettori della sua attuale comunità. Per gli ebrei non è un libro «ispirato»

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STRUTTURA DEL LIBRO

SEZIONE PRIMA

Introduzione (1,1-2,18): invito ai fratelli a celebrare la festa della Dedicazione del tempioPrologo (2,19-32) dove l’a. ha l’intenzione di raccontare le gesta di Giuda e dei suoi sostenitori

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SEZIONE SECONDA

Le cause della guerra giudaica (3,1-5,27). Vengono evidenziati i compromessi dei sommi sacerdoti del tempio di Gerusalemme con i governanti greci.

Eliodoro (3,1-40): entrato con una numerosa guardia nella camera del tesoro presso il tempio, ne è respinto da un cavallo celeste, montato da un cavaliere terribile rivestito di splendida bardatura. A lui appaiono inoltre altri due giovani dotati di gran forza, splendidi di bellezza e con vesti meravigliose, i quali, postisi ai due lati, lo flagellano senza posa. In questo modo è a tutti manifesto che il luogo santo è protetto da Dio, il quale non permette che ne sia violata la santità.Entra in gioco Antico IV

Epifane

(175-164):

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Approfittando dell'assenza di Onia, suo fratello

Giasone

ottiene dal nuovo re la carica di sommo sacerdote, dopo aver sborsato una forte somma ed essersi impegnato a trasformare Gerusalemme in una città ellenistica (4,7-22). Dopo tre anni Giasone viene a sua volta spodestato da Menelao, che fa assassinare Onia III (4,23-50). Inizia la guerra civile a Gerusalemme tra i sostenitori di Giasone e quelli di Menelao. Antioco IV pensando che si trattasse di una ribellione contro lui stesso, di ritorno dall'Egitto, entra a Gerusalemme, ne spoglia il tempio, lasciandovi funzionari crudeli, che con i loro maltrattamenti provocano la reazione di Giuda Maccabeo (5,11-27).

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In sintesi: Le malefatte di Giasone

Simone però (capitolo 4) non si rassegna alla sconfitta, e con l'appoggio di Apollonio, governatore della

Celesiria (la regione siropalestinese), semina il disordine nella comunità giudaica, ricorrendo anche a delazioni ed attentati. Allora Onia decide di ricorrere direttamente al re Seleuco, ma questi muore proprio in quei giorni, e proprio per mano del suo ministro Eliodoro; suo fratello Antioco IV regna al posto suo. La situazione precipita perchè Giasone, fratello di Onia, compra dal nuovo re il sommo sacerdozio, e subito si dà ad un'opera di profonda ellenizzazione del popolo ebraico: egli stesso si chiamava Gesù, ma ha cambiato il suo nome in quello greco di Giasone. A Gerusalemme vengono erette palestre e luoghi di ritrovo, viene adottato l'abbigliamento greco e le usanze patrie a poco a poco cadono in disuso. Si forma anche un partito filoellenico, quello degli Antiocheni, che sarà fieramente avverso ai Maccabei. Ma chi la fa l'aspetti: Menelao, fratello di quel Simone che aveva fatto la spia a

Seleuco

IV, compra a sua volta il sommo sacerdozio a più alto prezzo, e costringe Giasone a fuggire da Gerusalemme nell'

Ammanitide

, il nome greco dell'antico regno di

Ammon

, più volte combattuto dagli Ebrei al tempo dei Re. Ma Menelao non paga al re la somma pattuita ed è convocato a corte.

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Intanto Antioco è in guerra con la città di Tarso in

Cilicia

(futura patria dell'apostolo Paolo), e ha lasciato la capitale al suo ministro Andronico. Questi si lascia corrompere da Menelao con l'offerta di oggetti d'oro del Tempio. Onia III, sommo sacerdote legittimo in esilio a Dafne, presso Antiochia, protesta duramente per questo sacrilegio, ma Menelao convince Andronico ad eliminarlo.I Giudei sono indignati per questo delitto e lo denunciano al re, rientrato dalla spedizione, che fa subito giustiziare Andronico. Intanto Menelao aveva lasciato a Gerusalemme il fratello Lisimaco, che si rende colpevole di molti altri sacrilegi e per questo viene odiato dal popolo, che gli si ribella. Egli scatena i suoi partigiani ma viene infine trucidato. Menelao intanto viene processato, ma riesce a corrompere un altro ministro del re, Tolomeo, che lo difende presso Antioco IV. Così non solo Menelao è assolto, ma i testimoni giudei che avevano deposto contro Menelao vengono giustiziati. Interessante un'annotazione dell'autore:

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«

Così il re prosciolse dalle accuse Menelao, causa di tutto il male, e decretò la pena di morte per quegli infelici, che sarebbero stati prosciolti come innocenti se avessero discusso la causa anche presso gli Sciti.

» (4, 47)Gli Sciti erano popoli barbari che abitavano la pianura Turanica e la steppa russa compresa tra il Mar Nero e gli Urali nel I millennio a.C., prima dell'arrivo degli Slavi. I regni ellenistici li consideravano i barbari per antonomasia, nemici di tutto ciò che era civile e conforme alla tradizione greca. Come iGermani per i Romani, gli Unni per i Cinesi e dei Toltechi per i Maya. Con questa similitudine si vuole dunque paragonare il comportamento di Antioco IV a quello di un barbaro senza altra legge che la propria.

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Antioco IV occupa la Città Santa

Il capitolo 5 offre un'indicazione cronologica molto chiara per datare gli eventi, come si conviene ad un vero libro di storiografia: « mentre Antioco si preparava alla seconda spedizione contro l'Egitto ». Siamo dunque nel 168 a.C.

Come accadrà in altri momenti tragici della storia d'Israele (Giuseppe Flavio parlerà di analoghe visioni di eserciti in cielo prima del tragico 70 d.C.), così ora la catastrofe è anticipata da apparizioni di guerrieri fra le nuvole. Gli eventi precipitano subito: diffusasi in città la falsa notizia della morte di Antioco IV, Giasone tenta con un colpo di mano di prendere Gerusalemme scalzando Menelao dalla carica di Sommo Sacerdote. Il tentativo fallisce e si risolve in un bagno di sangue. Giasone è costretto a fuggire in Transgiordania, e da qui in Egitto, inseguito da Areta

, re dei Nabatei. Alla fine trova rifugio presso gli Spartani, un popolo tradizionalmente alleato di quello Giudeo come ci racconta i Maccabei 12, 21, presso i quali muore in esilio.

Purtroppo Antioco IV trae pretesto da questi disordini per occupare a sua volta Gerusalemme, accusata di essersi ribellata al suo potere. In un sol giorno egli fa fuori 80.000 persone ( un po’ troppi!) e si impadronisce del tesoro del Tempio con la complicità di Menelao.

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«

Antioco si inorgoglì, non comprendendo che il Signore si era sdegnato per breve tempo a causa dei peccati degli abitanti della città e per questo c'era stato l'abbandono di quel luogo. Se il popolo non si fosse trovato implicato in molti peccati, come era avvenuto per

Eliodòro, mandato dal re Seleuco a ispezionare la camera del tesoro, anche costui al suo ingresso sarebbe stato colpito da flagelli e sarebbe stato distolto dalla sua audacia. Ma il Signore aveva eletto non già il popolo a causa di quel luogo, ma quel luogo a causa del popolo. Perciò anche il luogo, dopo essere stato coinvolto nelle sventure piombate sul popolo, da ultimo ne condivise i benefici; esso, che per l'ira dell'Onnipotente aveva sperimentato l'abbandono, per la riconciliazione del grande Sovrano fu ripristinato in tutta la sua gloria

. » (5, 17-20)

Antioco poi rientra nella sua capitale, lasciando il "

misarca

" Apollonio (capo dei mercenari provenienti dalla regione della Misia, in Asia Minore) a capo di una guarnigione di 22.000 uomini, con il compito di mantenere l'ordine con il terrore. È a questo punto che il Secondo Libro dei Maccabei colloca la fuga di Giuda Maccabeo in clandestinità, senza fare alcun cenno a suo padre

Mattatia

.

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SEZIONE TERZA:

La persecuzione (6,1-7,42)

Profanazione del tempioPena di morte a chi si rifiuta di eseguire gli ordini idolatriciContro chi difende il sabatoContro chi si rifiuta di mangiare carni immonde (il caso di Eleazaro e della madre e dei suoi sette figli)

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I primi "Atti dei Martiri"

I capitoli 6 e 7 del Secondo Libro sono dedicati alla durissima persecuzione antigiudaica di Antioco

Epifane (cfr 1 Mac 1,44-46). Il testo ci tramanda alcuni "fioretti", contenenti prove di valore di singoli giudei che resistono alle imposizioni ellenistiche a prezzo della vita. Il capitolo 6 descrive il martirio del vecchio Eleazaro, un vegliardo intrepido che si rifiuta di mangiare carne di maiale, proibitissima dalla legge di Mosè e per questo è messo a morte. Gli amici gli propongono di fingere di mangiare carne di maiale, nutrendosi in realtà di carni permesse, ma questo è l'esemplare ragionamento con cui egli sceglie risolutamente l'esecuzione:

« 

Non è affatto degno della nostra età fingere con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant'anni Eleazaro sia passato agli usi stranieri, a loro volta, per colpa della mia finzione, durante pochi e brevissimi giorni di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia.

Infatti, anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire né da vivo né da morto alle mani dell'Onnipotente. Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e generosamente per le sante e venerande leggi

» (6, 24-28)

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Il capitolo 7 invece descrive un episodio ancor più famoso e più volte ritratto nella storia dell'arte: il sacrificio dei sette fratelli e della loro madre, che la tradizione cristiana chiamerà i Sette Fratelli Maccabei

(

la denominazione si riferisce all'epoca del loro cruento martirio). Tradizionalmente questo racconto inaugura i cosiddetti "Atti dei Martiri", un genere letterario che sarà molto in voga nei primi secoli dell'era cristiana, durante le feroci persecuzioni scatenate contro la Chiesa dagli imperatori romani. Quest'episodio è particolarmente importante perchè testimonia la fede del tardo giudaismo nella creazione dal nulla e nella risurrezione dalla morte.

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Riscossa di Giuda Maccabeo

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SEZIONE QUARTA

Azioni di guerriglia di Giuda

Sorgono preoccupazioni alle forze greche che occupano il paese. A riportare l'ordine in Giudea sono incaricati Nicanore, un amico del re, e GorgiaL'intenzione di Nicanore è di fare schiavi i Giudei e con il ricavato della loro vendita di pagare il tributo di duemila talenti che il re deve sborsare ai Romani. Giuda, vedendo il grande pericolo che incombe sul suo popolo, organizza la difesa incitando così i suoi uomini: Costoro – disse - confidano nelle armi e insieme nel loro ardire; noi confidiamo nel Dio onnipotente, capace di abbattere quanti vengono contro di lui e il mondo intero con un solo cenno (8,18

).

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Vittoria dei Giudei contro Nicanore (8,8-36)

Fine ingloriosa di Antico IV

Epifane nel 164 a.C., lontano dalla sua terra, colpito da una vergognosa malattia (9,1-19). la riconquista del tempio e della città di Gerusalemme, e la distruzione degli altari agli idoli innalzati dai pagani sulle piazze e sui recinti sacri. Il tempio è purificato e vi è costruito un altro altare su cui i sacerdoti riprendono a offrire i sacrifici. A ricordo della nuova dedicazione è istituita una festa annuale (10,1-19).Giuda estende la sua influenza sulla Giudea. A Sud occupa le fortezze degli Idumei (10,10-23), verso Occidente conquista la città di Ghezer

(10,24-38)

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Con il capitolo 8 incomincia il racconto della vera e propria insurrezione di Giuda Maccabeo. Gerusalemme ha accettato, per amore o per forza, le imposizioni ellenistiche di re Antioco, ma i villaggi, meno controllabili dalla capitale, hanno conservato l'ortodossia della fede mosaica, e così Giuda comincia da questi la propria attività di rivolta, arruolando giovani valorosi e compiendo sanguinosi atti di guerriglia contro gli occupanti siriani. Filippo, il governatore di Gerusalemme per conto dei Seleucidi, vedendo che non viene a capo della rivolta, sollecita l'intervento di Tolomeo, governatore militare della

Celesiria

; questi invia Nicanore e Gorgia, scelti fra i più stretti collaboratori del re, a reprimere nel sangue la rivolta. I due pensano addirittura di vendere come schiavi l'intero popolo dei Giudei, così da estinguere le riparazioni di guerra che Antioco IV doveva ai Romani in seguito alla disastrosa sconfitta di suo padre a Magnesia. Il Maccabeo non si spaventa per l'arrivo dei rinforzi ed esorta i suoi con un'argomentazione più volte riutilizzata nella storia:

« Costoro  confidano nelle armi e insieme nel loro ardire; noi confidiamo nel Dio onnipotente, capace di abbattere quanti vengono contro di Lui e il mondo intero con un sol cenno » (8, 18)

La guerra contro i generali greci viene presentata dall'autore come un evento religioso, più che militare: Giuda prima della battaglia fa leggere il Libro Sacro (probabilmente la Torah) e dà come parola d'ordine ai suoi "aiuto di Dio". « L'Onnipotente fu loro alleato ». I soldati ebrei, dopo aver conseguito una strepitosa vittoria, rinunciano all'inseguimento per rispettare il Sabato; e la spartizione del bottino privilegia i diseredati, le vedove e gli orfani, secondo i precetti di Mosè. Subito dopo si elencano altre vittorie del Maccabeo contro nuovi nemici, tra cui 

Bacchide

 che già conosciamo dal Primo Libro, come se questa guerra fosse una specie di liturgia, costellata da preghiere, sacrifici e continue vittorie militari.

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Morte di Antioco IV e …

Si torna poi a Nicanore, costretto ad ammettere, dopo essersi messo in salvo a stento dopo una fuga in mezzo ai campi, che il popolo d'Israele godeva in battaglia di un aiuto soprannaturale. Nel capitolo 9 lo stesso Antioco IV viene a conoscenza della sconfitta di Nicanore durante la sua campagna in Persia, che si è risolta in un clamoroso insuccesso (vedi anche 1 Mac 6, 1-8). Mentre però nel primo libro la notizia della disfatta getta il re nel più completo sconforto, nel secondo libro al contrario essa lo accende di rabbia contro il popolo dei Giudei, tanto da desiderare di fare di Gerusalemme « il cimitero dei Giudei ». Ma il secondo libro dei Maccabei fa notare come il suo destino sia già segnato, e proprio in conseguenza della sua sfida blasfema contro il Signore degli Eserciti. Egli è infatti colpito da una malattia misteriosa, ed ordina di accelerare la corsa per fare in tempo a vendicarsi dei detestati Ebrei. Ma uno scossone del carro lo butta a terra, ed egli è condotto in lettiga nella città di Tabe, dove la sua carne comincia addirittura a imputridire mentre egli ancora vive. Siamo in pieno clima agiografico, non storiografico.

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A questo punto, una sorpresa: Antioco IV si converte in punto di morte, promette di riparare alle proprie malefatte e scrive una lettera indirizzata « ai nobili cittadini giudei ». Si tratta di un vero e proprio testamento spirituale, in cui il re esprime timori sulla stabilità del regno e nomina suo erede il figlio Antioco V. Probabilmente si tratta di un documento autentico, inviato dal sovrano poco prima di morire a tutte le province del suo vasto impero, e quindi anche alla Giudea. Nonostante l'amichevole saluto del re uscente, tuttavia, il giudizio dell'autore su di lui è severissimo:

« E così quest'omicida e bestemmiatore, soffrendo crudeli tormenti, come li aveva fatti subire agli altri, finì la sua vita in terra straniera, in una zona montuosa, con una misera sorte » (9, 28)

Il suo ministro Filippo ne riporta la salma ad Antiochia, ma, essendo sgradito all'erede, è costretto a fuggire in Egitto presso Tolomeo VI

Filometore

. Questa notizia fa evidente contrasto con quanto affermato dal Primo Libro dei Maccabei, secondo cui Filippo fu il tutore di

Lisia

, e solo in un secondo momento essi vennero in contrasto, a causa dell'opera del generale

Lisia

(1 Mac 6, 55-63).

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Lisia

: Questi organizza due spedizioni contro la Giudea. La prima fallisce davanti alle truppe di Giuda, guidate alla battaglia da un cavaliere celeste apparso loro nelle vicinanze di Gerusalemme (11,1-12). Lisia allora è costretto a fare proposte di pace (11,13-38). Pace e tranquillità. Azioni militari di Giuda.Nella seconda spedizione contro la Giudea Lisia guida l’esercito greco insieme al re Antico V. I due conseguono alcuni successi, ma dopo aver ricevuto la notizia di disordini scoppiati in patria ad opera di Filippo, lasciato in Antiochia a dirigere gli affari, sono costretti ancora una volta a fare la pace e a rientrare nella capitale (13,1-25).

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Nel 161 a.C. Antico V e il suo primo ministro,

Lisia

, sono eliminati da Demetrio I, il quale diventa il re di Siria. Alcimo, che è stato prima sommo sacerdote, va da Demetrio e davanti al suo consiglio di guerra accusa Giuda di fomentare disordini in Giudea. Il re designa subito Nicanore a capo di un esercito incaricato di eliminare prima Giuda e di costituire Alcimo sommo sacerdote a Gerusalemme. Nicanore è già stato sconfitto da Giuda ai tempi di Antico IV, forse per questo dopo qualche scaramuccia decide di rinunciare al combattimento e di fare pace con lui (14,15-25). Ma è ancora il sommo sacerdote

Alcimo

a intervenire presso Demetrio accusando Nicanore di voler nominare Giuda suo successore.

La tregua allora si rompe e riprendono le ostilità (14,26-36). In questo periodo l'autore registra un episodio di eroismo, quello del vecchio

Razis

, che per non cadere in mano ai nemici si toglie la vita davanti a tutti (14,37-46).

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Giuda riorganizza i suoi uomini e si porta ai confini della Samaria. Là avviene lo scontro definitivo con l'esercito greco guidato da Nicanore. Giuda riesce ad animare i suoi uomini raccontando loro una visione: gli era apparso il sommo sacerdote Onia in atteggiamento di preghiera per la nazione e assieme a lui c'era anche il profeta Geremia, che gli aveva consegnato una spada d'oro dicendogli: «Prendi la spada sacra come dono da parte di Dio; con questa spada abbatterai i nemici» (15,16).

Inizia la battaglia. Gli uomini di Nicanore avanzano al suono di trombe, quelli di Giuda con invocazioni e preghiere, Nicanore è sconfitto e la sua testa e la sua mano destra sono portate a Gerusalemme come trofei (15,1-36).

Il popolo solennizza la vittoria istituendo una festa che si chiama «giorno di Nicanore», che si celebra il «tredici di ogni decimosecondo mese - che in lingua siriaca si chiama

Adar

– il giorno precedente la festa di Mardocheo» (15,36).

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MESSAGGIO DEL LIBRO

Per conservare l’identità nel mondo ellenizzato e sempre più globalizzato è fondamentale 

educare alla vita buona della Torah. Ecco gli esempi illustriE’ chiara la coscienza che la vittoria contro i nemici dipende dalla fedeltà alla lettura della TorahUn segno d'identità giudaica è anche l'osservanza scrupolosa del sabato, che deve essere preferita anche a un ricco bottino dopo la vittoria (8,26)Alla fedeltà del popolo, Dio risponde ponendo un segno e un pegno della propria fedeltà in mezzo ad esso, il tempio

(5,19)

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Il culto nel tempio e la libertà della città di Gerusalemme sono legate strettamente. Quando il tempio è profanato causa della colpa di alcuni, tutto il popolo subisce danni e sperimenta l’ira di Dio. Tuttavia, la sua ira contro Israele può cessare grazie ad alcuni ebrei fedeli, che preferiscono il martirio al tradimento delle leggi antiche.

L’autore ha ricevuto dall’alto anche un’illuminazione su un problema che ha che ha preoccupato molti sapienti dell’Antico Testamento: il tema della 

retribuzione. Il Signore ricompensa i suoi fedeli con la vita eterna, anzi con la risurrezione dei loro corpi martoriati. A lui tutto è possibile essendo il

Dio creatore dal nulla di tutte le cose

.

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La vittoria Giuda su Nicanore è dovuta all’

intercessione dei santi

 in cielo: il sommo sacerdote Onia e il profeta Geremia (15,12-16). Questa comunione fra vivi e morti si esprime anche nel sacrificio espiatorio per i morti, perché siano purificati dal peccato di idolatria commesso (12,45).

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PER UNA TEOLOGIA DEL 2 MACCABEI

La possiamo desumere dai due titoli con cui è chiamato Dio:

THEOS (52 volte) e KYRIOS (43 volte). Quest’ultimo è adoperato per indicare il Signore, il proprietario… ma ben presto è un termine religioso. I LXX lo adoperano per tradurre il tetragramma sacro (adonai).In 2 Macc. Indica l’unicità di Dio; che opera nella storia perché tutto vede; è giusto e misericordioso; che educa gli uomini con la sofferenza, ma che lascia liberi… che ha scelto un luogo dove incontrarlo: IL TEMPIO, da cui irradia la sua santità

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Gli uomini si rivolgono al “cielo” da cui scaturisce la sua azione; egli è il sovrano e a lui tutta la creazione è sottomessa. Egli vede la sua opera: è il sorvegliante e dirige la storia (ecco i continui interventi e apparizioni). E’ la sua provvidenza (completamente assente in 1

Macc) e che sottolinea la grande fiducia in Dio

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L’educazione divina si esprime in relazione alla colpa e alla punizione che giunge in conseguenza del peccato (5,17-20; 6,12-16).

La profondazione del tempio è a causa dei peccati commessiIl Castigo è segno anche di benevolenza divina, in quanto risparmia da mali peggiori

Dio non ritira la sua misericordia se non per breve tempo per riconciliarsi con il suo popolo.La riconciliazione non è unilaterale, ma al Dio che perdona corrisponde la sofferenza del popolo (5,17-20 cfr Deut 32)Alla persecuzione/sofferenza dei martiri è contrapposta la punizione degli empi

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Lo riscontriamo nei cosiddetti martirologi. In essi troviamo il tema della «nobile morte» a cui è associata la fede in una vita dopo la morte (cap.7) in particolare 7,22. Ma i martiri ricevono la vita subito dopo la morte? Il testo lascia qualche ambiguità, perché «giuda (cap.12) fa una colletta e preghiere per coloro che sono morti

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Dio è coinvolto nella guerra a favore del suo popolo. Egli è presentato come un guerriero. Egli non è il Dio della «guerra» ma è un alleato che viene in aiuto (8,20.36). Più che di guerra santa si può parlare di sacralità della guerra per i riti che la precedono e la seguono.

All’inizio del libro si parla anche di pace e di convivenza pacifica: è chiaro che tale situazione deriva dalla osservanza della Torah

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Si tenga presente l’atteggiamento di Onia, fedele al Tempio e alla santità che in esso è presente (

cap

3). Santità che ha in Dio la sua ORIGINE( 14,36). Tuttavia si legga 5,19-20:19Ma il Signore aveva eletto non già il popolo a causa di quel luogo, ma quel luogo a causa del popolo. 20Perciò anche il luogo, dopo essere stato coinvolto nelle sventure piombate sul popolo, da ultimo ne condivise i benefici; esso, che per l’ira dell’Onnipotente aveva sperimentato l’abbandono, per la riconciliazione del grande Sovrano fu ripristinato in tutta la sua gloria.

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- Dio «onnipotente» è la traduzione di Adonai

seba’ot (Dio degli eserciti)Un Dio che deve essere riconosciuto anche dalle genti e sono gli stessi pagani a fare pubblica confessione di fede.

Dio è sovrano: questa sua caratteristica, che si trova dappertutto è soprattutto perché egli è IL CREATORE: